VolterraTeatro dei miracoli
Si potrebbe raccontare il successo di VolterraTeatro in molti modi. Leggendo la rassegna stampa, ad esempio: un’infinità di articoli usciti sulla stampa nazionale, locale, sul web, partorita dalle decine e decine di giornalisti arrivati in massa a Volterra, durante il festival, per consegnare il premio ANCT – Associazione nazionale dei critici di teatro (consegnato nella fortezza Medicea durante una delle giornate di eventi del Palcoscenico Carcere), per dare alla luce il sito internet dell’associazione ReteCritica, per riflettere insomma, e sembra paradossale e bellissimo insieme, su se stessi, sul proprio ruolo, sul senso del proprio lavoro, per prendere una boccata d’aria dal teatro di sempre, quello cristallizzato, immobile, sempre uguale; firme storiche della carta stampata che hanno portato ancora una volta alla ribalta Volterra e il suo festival d’arte per tutti, il Carcere dei miracoli, i luoghi della città abitati dall’arte, dalla musica, dalla poesia, dalla bellezza, ma anche occhi e sensibilità nuove che hanno intercettato con la freschezza dello stupore le mille meraviglie che ogni anno, nonostante le complicazioni, nonostante l’asperità di un tempo duro votato all’individualismo sfrenato, l’associazione Carte Blanche sotto la direzione artistica di Armando Punzo riesce a concepire e realizzare. Quest’anno secondo quella formula unica al mondo di un festival d’arte che trasfigura gli spazi del carcere: dal carcere alla città, una cittadella nella città e un’altra città nella città. Un gioco di microcosmi meraviglioso. L’impossibile che diventa possibile, l’utopia realizzata.
“E La ferita, dunque, non la vedi più. Di colpo appare rimarginata e capisci che il vero miracolo si chiama poesia”. (Francesca de Sanctis, L’Unità)
Ancora, di nuovo, con un successo che non smette di sorprendere, il carcere si è trasformato in Teatro Stabile di fatto, casa di produzione della Compagnia della Fortezza, teatro d’ospitalità per il Teatro delle Ariette, la Compagnia Rodisio, Mario Perrotta/Teatro dell’Argine, I Sacchi di Sabbia, Wooshing Machine, e poi residenza creativa per il lavoro di Michela Lucenti/Balletto Civile con i bambini e i giovani di Volterra, auditorium a cielo aperto per le riflessioni sulla Ferita condotte da Bianca Tosatti, presenza insostituibile del festival, e la presentazione del libro di Aniello Arena, attore simbolo della Compagnia della Fortezza. E la città si è trasformata invece in un palcoscenico per l’anteprima di “Santo Genet” della Compagnia della Fortezza – ovazione con pubblico in piedi al teatro Persio Flacco – , per i tableaux vivants di Teatri 35 e i disegni degli Urban Sketchers, per lo spettacolare lancio delle lanterne del #crowdesire di Officinae Efesti che ha inaugurato una campagna di raccolta fondi per la ricostruzione del “Muretto” di Via Lungo le Mura, luogo simbolo del fermento sociale della zona colpita dalla frana di questo inverno. Il cortile dell’Itcg Niccolini grazie al Teatro delle Ariette si è trasformato ogni sera in luogo di incontro e di festa d’arte e d’amore. Le piazze di Pomarance, Castelnuovo V.C., Montecatini V.C., e di Volterra in arena per lo spettacolare scontro degli uccelli mitologici di Simurgh del Teatro dei Venti, labirinto di gallerie d’arte, agorà per oltre trenta poeti arrivati da tutta Italia per la maratona poetica. Un fiume di persone ha letteralmente invaso la città, gli alberghi, i ristoranti, i punti di incontro, la libreria dell’Araldo che ha ospitato una selezione di testi legata all’intera drammaturgia del festival.
Sempre nel nome di quella poetica dell’impossibile che dopo ventisei anni è diventata grido di battaglia della Compagnia della Fortezza guidata da Armando Punzo, incarnandosi in “Santo Genet”, quest’anno, in uno spettacolo che ha sbaragliato perfino le attese migliori imponendosi come capolavoro assoluto della stagione dei festival e grande promessa della stagione teatrale che inaugurerà al Teatro Menotti di Milano e al Teatro Verdi di Pisa, per poi andare in tour in una serie di prestigiosi teatri tra cui l’Arena del Sole di Bologna.
“Disturbante e imprevedibile, guidata da un Punzo che non smette di sorprenderci, nocchiero e guru, la Compagnia della Fortezza, formata da attori detenuti, mette a segno un altro punto della sua già ardimentosa avventura: fra i più memorabili”. (Gabriele Rizza, il Tirreno)
“Mai le parole di Genet, le sue atmosfere, le sue suggestioni avevano assunto il respiro visionario che si coglie in questa esperienza davvero senza pari. Mai si era avvertita una consonanza così totale tra le sue spiazzanti trame di miraggi e la natura profonda di questo teatro che nasce dietro le sbarre”. (Renato Palazzi, Del Teatro)
“Santo Genet è uno spettacolo bellissimo, tra i più belli della Compagnia. Forse il suo capolavoro. In un momento nel quale non abbiamo molto da esportare, un lavoro come questo andrebbe a mio avviso mostrato anche all’estero”. (Renato Palazzi, Il Sole 24 ore)
“Geniali forme di intensa estrema, indimenticabile teatralità” (Valeria Ottolenghi, Gazzetta di Parma)
E poi si potrebbe raccontare il successo di VolterraTeatro dando un’occhiata ai social network. Le bacheche di Facebook, Twitter e Instagram sono inondate di post, immagini, ricordi, ringraziamenti, ancora oggi, dopo la fine del festival, sulla scia lunga di un’emozione che ha travolto migliaia di persone. 1500 tweet singoli con l’hashtag #volterrateatro, che moltiplicati per i retweet hanno letteralmente saturato la rete dei social network, portando VolterraTeatro al primo posto nella classifica dei Theatrends, 50.000 utenti unici sulla pagina facebook: una diffusione senza precedenti. Duecentocinquanta spettatori al giorno per le repliche del palcoscenico-carcere, il tutto esaurito con liste d’attesa. Oltre 500 sarebbero stati, se gli spazi del carcere lo avessero consentito. Altro discorso sarebbe se esistesse davvero il Teatro Stabile in carcere. Ma questa è un’altra storia… Vero è che in tempi di sale vuote degli Stabili, Santo Genet avrebbe retto repliche per altri 20 giorni, almeno. 432.770 accessi complessivi e 9.596 visitatori al sito di VolterraTeatro: non ci sono commenti, i numeri parlano da soli.
Che festival è stato, dunque? “Pensavo di trovare un festival di teatro, pensavo di vedere spettacoli, invece ho trovato un città che è diventata essa stessa spettacolo e opera d’arte, ho imparato ad andare su e giù nei vari spazi di Volterra e a sentirmi a casa, in un tempo diverso da quello di sempre. Credo che in un’altra città tutto questo non sarebbe possibile”, così ha commentato Frank Raddatz, direttore di Teater Der Zeit, mensile di teatro tedesco, arrivato da Berlino appositamente per il Festival. E’ stato un festival d’arte per tutti, che ha inseguito con ostinazione la volontà di testimoniare un ruolo imprescindibile dell’arte nelle dinamiche umane di una società sempre più lacerata nei rapporti, nell’agire sopra dentro e intorno a quella “ferita” intorno a cui si è ragionato per oltre tre mesi; da quando Armando Punzo ha lanciato l’idea di dedicare il festival proprio al tema della Ferita, quella della terra franata, quella umana, invisibile, dell’artista, e quella della comunità che su quella ferita ha saputo costruire, ora possiamo dirlo, un nuovo intreccio di rapporti.
“Abbiamo ancora nel cuore la città, gli slarghi e i vicoli attraversati. Cogliamo questa forza di stare insieme, questa magia che il teatro ha ricreato, di unire, di proiettare. La memoria è futuro. Il segreto è cercare vincoli: la forza che li annoda è l’amore”, scrive Massimo Marino sul Corriere di Bologna, a proposito di La Ferita-Logos Rapsodìa per Volterra, quell’evento di teatro collettivo a cura della Compagnia Archivio Zeta che ha avuto oltre mille presenze, e che è rimbalzato in poche ore su tutte le televisioni locali e nazionali, nato da un laboratorio condotto a Volterra da Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti che ha visto la partecipazione massiccia e coraggiosa e appassionata di cittadini, giovani, anziani, bambini, aspiranti artisti, talenti in erba e semplici appassionati di arte e di bellezza. Un festival che ha puntato altissimo in termini di qualità del lavoro allo stesso tempo centrando il cuore di chiunque, critica e pubblico, addetti ai lavori e spettatori puri.
Grazie allora a chi ha reso possibile, ancora una volta, questo miracolo volterrano.
Grazie a chi ha aiutato e sostenuto il festival, grazie agli artisti che hanno regalato la propria energia a questo progetto che è bene e patrimonio culturale di tutti, grazie alla città che lo ha nutrito.
Grazie a tutte le associazioni e cittadini, che numerosissimi ci hanno fatto sentire la loro stima ed il loro affetto, collaborando con noi concretamente e con entusiasmo.
Grazie a tutti i commercianti, ristoratori e albergatori che hanno contribuito a creare una meravigliosa rete di accoglienza a pubblico e artisti, degna di un festival di fama internazionale.
Che dire… GRAZIE VOLTERRA!
Con una postilla in forma di domanda: se VolterraTeatro è stato tutto questo in tempi duri e di grandi difficoltà economiche, che cosa potrebbe essere mai essere in tempi d’oro e con il giusto sostegno?
Lascia un Commento
Occorre aver fatto il login per inviare un commento